Come Pulire il Cotto Interno

Il pavimento in cotto, quando è posato negli interni, porta dentro la casa il carattere delle fornaci toscane, umbre o andaluse che trasformano l’argilla cruda in piastre calde e vibranti. Ogni mattone, una volta raggiunta la temperatura di sinterizzazione, conserva all’interno micro-cavità e capillari che lo rendono vivo: assorbe umidità, rilascia lentamente calore, riflette i toni della luce da mattina a sera. Questa porosità è il fascino ma anche la vulnerabilità del cotto. Un pavimento di ceramica smaltata tollera detersivi aggressivi; il cotto, invece, reagisce risucchiando liquidi, incorporandone i sali e alterando la propria tinta. Capire la sua natura significa impostare una pulizia che rispetti il materiale, assecondandone la traspirazione senza lasciare che macchie di vino, olio o incrostazioni di calcare ne cambino il volto definitivo.

Il ciclo di manutenzione: piccoli gesti quotidiani e interventi profondi programmati

La pulizia del cotto interno si articola in due livelli. Il primo è quello ordinario, da praticare giorno dopo giorno: rimuovere la polvere con panni a fibra sottile, evitare ristagni d’acqua, salvare il pavimento dalle micro-abrasioni dei granelli di sabbia che si incastrano nelle fughe. Il secondo è la manutenzione straordinaria, che si rinnova ogni sei mesi o dopo avvenimenti specifici, per esempio un pranzo di famiglia finito con rovesci di sugo o una leggera alluvione proveniente dal balcone. In quel momento si affrontano le macchie pigmentate, gli aloni di calcare intorno ai vasi, la patina grassa che il calpestio progressivo depone. Distribuire nel tempo questi due piani di cura assicura al cotto un invecchiamento armonioso, che esalta piuttosto che corrodere il disegno delle sue variegature.

La polvere invisibile: come la rimuove un panno in microfibra ben strizzato

Le fibre ultrasottili della microfibra non sono un vezzo tecnologico ma uno strumento capace di penetrare nelle micro-cavitá del cotto senza inzupparlo. Passare il panno, leggermente inumidito d’acqua tiepida e ben strizzato, due o tre volte alla settimana, trascina via polvere, peli di animali e briciole senza lasciare residui liquidi. La microfibra funziona per adesione elettrostatica: attira particelle secca di polvere grazie alle cariche superficiali, e, quando è umida, scioglie la minima quota di sporco legata al grasso cutaneo. A fine passata il pavimento resta appena satinato dall’umidità che evapora in pochi minuti, senza mai saturare il mattone. Questo piccolo rito quotidiano impedisce alla polvere di trasformarsi in pastella con la prima goccia d’acqua, formare incrostazioni e costringere a manovre più energiche.

L’acqua come solvente gentile e l’importanza della temperatura tiepida

Se il panno in microfibra è il pennello, l’acqua tiepida è il colore. Una temperatura intorno ai quaranta gradi (non di più) aiuta a sciogliere il film oleoso lasciato dal passaggio di calze, pantofole o zampe di gatto; si tratta di un grasso sottilissimo che la sola acqua fredda fatica a rimuovere. Inoltre il tiepido dilata lievemente i pori del cotto facendone emergere la polvere che si era incuneata. Per questo nelle pulizie intermedie, quando non si adoperano detersivi, si raccomanda una ciotola di acqua tiepida cambiata spesso: a contatto con la microfibra si scalda ulteriormente, ma non al punto da far evaporare troppo rapidamente lasciando aloni di calcare.

La scelta del detergente: pH prossimo alla neutralità e assenza di tensioattivi aggressivi

Quando serve un supporto chimico, la regola d’oro è scegliere detergenti a pH compreso fra 7 e 8,5, sufficienti a tagliare il velo di grasso ma non così basici da disciogliere i sali di protezione che eventuali trattamenti oleo-idrorepellenti hanno lasciato nel cotto. Un sapone di Marsiglia liquido, ben diluito – mezzo tappo in cinque litri – crea la tensione superficiale necessaria a staccare lo sporco; si nebulizza con uno spruzzino sulle piastrelle più segnate, si stende con spugna morbida, si lascia agire tre-quattro minuti e si elimina con panno umido. Evitare ammoniaca e soda caustica: la prima ingiallisce il cotto chiaro, la seconda apre i pori e li rende più assorbenti.

Affrontare macchie organiche: dal vino all’olio con il potere dell’impacco di bicarbonato

Se una goccia di Chianti o di pomodoro supera la superficie trattata e si infila nelle micro-venature, non basta la passata superficiale. Il rimedio tradizionale usa un impacco: un cucchiaio di bicarbonato mescolato a poche gocce d’acqua fino a formare una pasta spalmabile. Stendendola sul punto macchiato, il bicarbonato assorbe e ossida dolcemente i pigmenti; la sua alcalinità moderata reagisce con gli acidi del vino neutralizzando la componente cromatica. Dopo mezz’ora, la pasta si secca; la si rimuove con spatola in plastica e si sciacqua con un panno tiepido. Il mattone appare in controluce leggermente più chiaro, ma nel giro di un giorno recupera il tono originario man mano che i pori rilasciano l’umidità rimasta.

Neutralizzare il calcare con acido citrico senza scalfire la patina del cotto

Intorno ai vasi di piante in soggiorno o vicino alla cucina, il cotto può incrostarsi di aloni bianchi: sono sali di calcio precipitati dall’acqua di irrigazione o dal lavaggio frequente. Un disincrostante aggressivo rischia di opacizzare l’argilla. Si preferisce l’acido citrico in soluzione: dieci grammi disciolti in un litro d’acqua calda, spruzzati sul bordo dell’alone. Dopo dieci minuti si tampona con spugna abrasiva fine (lato morbido), rimuovendo lo strato friabile. Il processo si può ripetere in più micro-cicli anziché una sola passata energica: la gradualità preserva la patina naturale che il cotto acquisisce con gli anni.

Proteggere dopo la pulizia: cera d’api micro-cristallina o sigillante silossanico

Un cotto interno, dopo la detersione profonda, va nutrito o sigillato in base al trattamento originario. Se in origine è stato impregnato a olio e cera, conviene stendere – con straccio di lana – una soluzione tiepida di cera d’api micro-cristallina: una mano sottilissima che, una volta asciutta, si lucida con spazzola a setole morbide, restituendo un velo idrorepellente e un riflesso caldo. Se invece il pavimento è stato trattato con protettivi silossanici a base acqua, si può applicare un sigillante di mantenimento dello stesso tipo: diluito al 20 % in acqua, si stende a panno e si lascia penetrare; essiccando, ripristina la barriera invisibile che ostacola l’assorbimento di macchie.

Il controllo dell’umidità ambientale come alleato della durata

Il cotto vive della relazione con l’umidità circostante. Un interno troppo secco (sotto il 40 %) provoca micro-fessurazioni invisibili a occhio nudo ma pronte a catturare polvere; un ambiente costantemente sopra il 70 % fa riemergere sali e altera i leganti. Tenere un igrometro in soggiorno e regolare eventuali umidificatori o deumidificatori domestici è un gesto semplice che prolunga l’intervallo tra una manutenzione profonda e l’altra. Il cotto lavorerà in equilibrio, né assetato né saturo, e la pulizia ordinaria manterrà la sua efficacia più a lungo.

Conclusioni

Curare il cotto interno non è combattersi con la macchia, ma conversare col materiale: ascoltarlo quando assorbe una goccia di vino, quando restituisce calore misurato al piede nudo, quando chiede di essere nutrito con un velo di cera. La potenza della pulizia non si misura nella forza del detersivo, bensì nella delicatezza di un panno tiepido, nella pazienza di un impacco di bicarbonato, nella scelta di un acido citrico gentile. Con questi gesti, distribuiti nel tempo, il pavimento di cotto diventa testimone longevo della vita domestica: non un manufatto da proteggere in teca, ma una superficie che si lascia calpestare, annaffiare, vivere, restituendo ogni giorno il calore rosato del suo impasto di terra e fuoco.

Katarina Riem è una blogger appassionata di bellezza, cucina, giardinaggio e lavoretti fai da te. Sul suo sito personale, pubblica guide dettagliate su come realizzare progetti creativi, ricette deliziose e consigli utili per la cura della bellezza.